
06/05/2014
oneri condominiali in caso di vendita
Chi subentra nei diritti di un condomino è obbligato solidalmente con
questo al pagamento dei contributi relativi all'anno in corso e quello
precedente.
Il principio dell'ambulatorietà passiva in ambito condominiale trova riscontro
proprio nella citata disposizione, in virtù della quale l'acquirente di
un'unità immobiliare condominiale può essere chiamato a rispondere dei debiti
condominiali del suo dante causa, solidalmente con lui, ma non al suo posto, ed
opera nel rapporto tra il condominio ed i soggetti che si succedono nella
proprietà di una singola unità immobiliare, non anche nel rapporto tra questi
ultimi.
La
riforma del condominio, legge 11 dicembre 2012 n. 220 ha introdotto il quinto comma dell'art. 63
delle disp. Att. stabilendo altresì che chi cede diritti su unità immobiliari
resta obbligato solidalmente con l'avente causa per i contributi maturati fino
al momento in cui è trasmessa all'amministratore copia autentica del titolo che
determina il trasferimento del diritto.
Nel rapporto tra venditore e acquirente salvo che non sia diversamente
convenuto tra le parti, è invece operante il principio generale della
personalità delle obbligazioni, con la conseguenza che l'acquirente dell'unità
immobiliare risponde soltanto delle obbligazioni condominiali sorte in epoca
successiva al momento in cui, acquistandola, è divenuto condomino e se, in
virtù del principio dell'ambulatorietà passiva di tali obbligazioni sia stato
chiamato a rispondere delle obbligazioni condominiali sorte in epoca anteriore,
questi ha diritto a rivalersi nei confronti del suo dante causa. In altri
termini, come sottolineato dalla recente sentenza n.10235 del 2 maggio 2013
della Corte di Cassazione, il menzionato art. 63 disp. att. c.c. costituisce,
per certi aspetti, un'applicazione specifica dell'art. 1104, comma 3, c.c.
relativo alla comunione in generale, con la previsione della limitazione in
base alla quale l'obbligazione del cessionario, caratterizzata dal vincolo di
solidarietà con quella del condomino cedente, investe soltanto i contributi
relativi all'anno in corso e a quello precedente .
Nella pratica giudiziaria si è posto il quesito di come ci si debba porre di
fronte al problema riguardante il caso di vendita di un'unità immobiliare posta
in un condominio, nel quale siano stati deliberati lavori di manutenzione o di
ristrutturazione (o altri interventi equiparabili). Ci si è chiesto, in altri
termini, chi sia tenuto, tra alienante ed acquirente, a sopportare le relative
spese, in mancanza di accordo fra le parti e quale sia il momento determinante
da individuare per la concreta insorgenza del relativo obbligo.
Sulla questione la sentenza della Corte di Cassazione n. 24654 del 3 dicembre
2010, ha affermato che la risoluzione della questione proposta risulta
dipendente dalla diversa origine della spesa al quale il singolo condomino è
tenuto a contribuire, dovendosi distinguere tra spese necessarie relative alla
manutenzione ordinaria e spese attinenti ad interventi comportanti innovazioni
o, comunque, di straordinaria amministrazione.
Con riferimento alla prima ipotesi l'insorgenza dell'obbligazione deve essere
individuata con il compimento effettivo dell'attività gestionale relativa alla
manutenzione, alla conservazione, al godimento delle parti comuni dell'edificio
o alla prestazione di servizi, sul presupposto che l'erogazione delle inerenti
spese non richiede la preventiva approvazione dell'assemblea condominiale (ma
soltanto l'approvazione in sede di consuntivo), trattandosi di esborsi dovuti a
scadenze fisse e rientranti nei poteri attribuiti all'amministratore in quanto
tale (ai sensi dell'art. 1130, primo comma, n. 3, c.c.), e non come esecutore
delle delibere assembleari riguardanti l'approvazione del bilancio preventivo,
che hanno valore meramente dichiarativo e non costitutivo.
Con riguardo alla seconda ipotesi, e cioè in caso di spese di straordinaria
amministrazione, si è sostenuto che l'obbligo in capo ai singoli condomini non
può essere ricollegato all'esercizio della funzione gestionale demandata
all'amministratore in relazione alla somme indicate nel bilancio preventivo ma
deve considerarsi quale conseguenza diretta della correlata delibera
assembleare (avente valore costitutivo e, quindi, direttamente impegnativa per
i condomini che l'adottano) con la quale siano disposti gli interventi di
straordinaria amministrazione ovvero implicanti l'apporto di innovazioni
condominiali.
Alla stregua di queste argomentazioni la sentenza in questione è approdata
all'affermazione del seguente principio di diritto: "in caso di vendita di
una unità immobiliare in condominio, nel quale siano stati deliberati lavori di
straordinaria manutenzione, ristrutturazione o innovazioni sulle parti comuni,
qualora venditore e compratore non si siano diversamente accordati in ordine alla
ripartizione delle relative spese, è tenuto a sopportarne i costi chi era
proprietario dell'immobile al momento della delibera assembleare che abbia
disposto l'esecuzione dei detti interventi, avendo tale delibera valore
costitutivo della relativa obbligazione; di conseguenza, ove le spese in
questione siano state deliberate antecedentemente alla stipulazione del
contratto di vendita, ne risponde il venditore, a nulla rilevando che le opere
siano state, in tutto o in parte, eseguite successivamente, e l'acquirente ha
diritto di rivalersi, nei confronti del medesimo, di quanto pagato al
condominio per tali spese, in forza del principio di solidarietà passiva di cui
all'art. 63 disp. att. c.c. ".
Tali principi sono stati accolti dalla recente sentenza n. 10235 del 2 maggio
2013, la quale ha confermato che in relazione alle spese relative agli
interventi di straordinaria manutenzione, l'insorgenza dell'obbligo in capo ai
singoli condomini deve considerarsi quale conseguenza diretta della correlata